Hotel Tito inizia con una vacanza inaspettata e un febbrile nervosismo di imprevisti e incomprensioni in una famiglia normale alle porte dell'estate.
La protagonista di queste pagine è una bambina di nove anni in partenza con il fratello maggiore verso un'isola per una vacanza che ha strani contorni. Per la prima volta, i bambini partono senza i genitori.
Ci troviamo a Vukovar, in Corazia ed è il 1991. In questa piccola cittadina al confine con la Serbia sta per irrompere la guerra. Il tempo delle sicurezze è finito.
Dopo la vacanza, i due bambini non torneranno alla loro città. Saranno raggiunti dalla madre, inizieranno la loro nuova vita lontano da casa, in una camera dell'hotel Tito, l'ex Scuola di Politica a Zagorje, poco più a nord di Zagabria.
Dal padre, rimasto a Vukovar pronto a combattere l'avanzata serba, non arrivano più notizie e i tre, non potendo fare altro, proseguono con la loro vita.
I due bambini diventano grandi in quei corridoi senza finestre, in quella stanza condivisa dove trovare uno spazio per sé è impossibile.
Studiano, ascoltano le canzoni di Kurt Cobain e accendono candele per la sua morte. Si innamorano, disamorano e continuano ad aspettare una casa, delle telefonate e dei cambiamenti.
Questo romanzo ha il dono di farci ascoltare l'incanto e il disincanto di una bambina diventata adolescente.
In lei riescono a convivere il senso di precarietà e dolore della sua nazione e la voglia di vivere ed esplorare il mondo, tipiche della sua età.
Questo è un libro che non lascia scampo; commuove e fa sorridere raccontandoci, attraverso le parole della protagonista, la potenza della speranza umana che rimane in piedi nonostante l'angoscia. Nonostante la realtà.