Niente di Janne Teller è un romanzo breve, circa 120 pagine.
Ci troviamo in una piccola città danese, è la seconda settimana di agosto: il primo giorno di scuola dopo le vacanze estive. Pierre Anthon si alza dalla sedia e con quello che dice cambia tutto, per sé e per i suoi compagni. Dalla sua bocca escono queste parole: "Non c'è niente che abbia senso, è tanto tempo che lo so. Perciò non vale la pena far niente. Lo vedo solo adesso."
Poi esce dalla classe e non torna indietro. Si arrampica su un albero di susine, non ha nessuna intenzione di scendere. Dal suo ramo, osserva i compagni e si allena a non fare niente. I compagni, che sentono nella decisione di Pierre un giudizio su di loro, scivolano prima nello sconforto e poi nella rabbia. Vogliono riportarlo con i piedi per terra, di nuovo al loro stesso livello. Iniziano, così, a raccogliere degli oggetti simbolici che danno vita alla "catasta del significato" per convincerlo che il senso c'è, lui non lo vede ma c'è. L'evoluzione di questa idea e degli eventi che compongono questo romanzo è imprevedibile, come un'onda.
Potente, brutale e disincantato. Un libro che racconta di una violenza dirompente, inaspettata e senza senso. Lo si legge in due ore, le parole scorrono velocemente e il lettore diventa avido, vuole arrivare alla fine sperando di trovare, nel caos, una qualche forma di sollievo. Orribile e comprensibile, reale anche se immaginata, questa storia riesce a essere spietata. Una fiaba tragica sull'esistenza e sul suo significato, sulla risibile distanza che, a volte, separa il bene dal male.