Gremito l’Auditorium di Palazzo del Governatore per l’arrivo del “matematico impertinente”. “I Racconti di Natale”, la rassegna natalizia delle biblioteche comunali, ha proposto un pomeriggio di divulgazione scientifica che ha avuto come protagonista Piergiorgio Odifreddi e le varie dimensioni della luce. Luce cui è dedicata questa quarta edizione dei Racconti e la mostra promossa dall’Università nel Palazzo della piazza, che viene celebrata quest’anno dall’Unesco, e fa da filo conduttore ai due poli del cuore di Parma.
Tra il Governatore e Galleria San Ludovico dove, nei weekend, vengono proposte attività per bambini e ragazzi all’insegna di un tempo “buono” per le Feste: di intrattenimento, ma anche di qualche conoscenza in più. Il professor Odifreddi, piacevolmente sorpreso dalla mostra che ha visitato prima dell’incontro con la guida dell’ingegner Paolo Serena (aperta fino al 17 gennaio, ad ingresso gratuito) ha invitato il pubblico a coglierne il percorso. Poi, la luce, è stata “scomposta” in quasi due ore di lectio.
“Siamo quasi a Natale, data in cui si festeggiava il sole invictus, il solstizio d’inverno. Il giorno in cui la luce ricomincia ad allungarsi sulla terra. Come dire che dopo aver toccato il fondo del buio ci si può solo risollevare. Non possiamo negare di vivere in tempi bui e queste iniziative ci ricordano che l’inverno è destinato a finire.” Per la scienza Newton è lo scienziato che ha segnato lo studio scientifico dei fenomeni legati alle emissioni luminose, nato, peraltro, il giorno di Natale. Newton ha formulato le sue teorie in due “anni mirabili” della sua giovinezza, dalla campagna inglese, dove si era rifugiato per sfuggire ad un’epidemia di peste e dopo aver acquistato ad una fiera, un prisma, una specie di giocattolo del tempo. Tra scoperte, coincidenze e aneddotti, Odifreddi, con competenza ed ironia, ha snocciolato una serie di domande per arrivare ad esaminare il rapporto dell’uomo con la luce. “I colori in natura non esistono. Noi vediamo delle lunghezze d’onda diverse, che sono quelle che si percepiscono sott’acqua. Forse a testimoniare come la nostra specie abbia avuto origine dal mare. L’arcobaleno si forma perché le gocce d’acqua sospese nell’aria funzionano come prismi. Ma bisogna avere un’angolazione di 45 gradi. Così l’arcobaleno è visibile solo in alcuni punti e in alcuni momenti.“
E alcune domande sono state fatte direttamente a lui. Perché ha scelto di fare il divulgatore scientifico? “Per spiegare il tempo in cui viviamo. Noi apparteniamo ad una società tecnologica che si basa sulla scienza. Se non si conoscono le cose che si usano si finisce per esserne usati. La scienza serve a conoscere. Amplia l’orizzonte della filosofia o anche della poesia, insomma dell’uomo. Infatti la scoperta del nostro secolo è quella di Watson e Crick della doppia elica del DNA. E’ la scoperta che ha avuto più influssi sulla nostra vita, con svariati sviluppi medici, fisiologici e anche del pensiero in generale”.